Da venerdì sera 21 ottobre a domenica 23 si è svolto alle Piane di Mocogno l’aggiornamento annuale dei diaconi. Quest’ anno sono state invitate con maggior insistenza le spose, pur presenti anche gli anni scorsi. La presenza del Vescovo e il tema sono stati un invito a una partecipazione numerosa, come poi è stato. Nel pomeriggio di sabato il vescovo, don Erio, si è incontrato con le mogli dei diaconi, per sentire le loro esperienze e le loro considerazioni, nate dalla loro sensibilità femminile, spesso più fine e concreta. Il tema proposto dal Vescovo è stato diviso in tre relazioni, sempre seguite da un ampio dibattito: dal matrimonio al diaconato, dal diaconato al matrimonio, il diaconato in aiuto alle famiglie. Nella prima relazione “Dal matrimonio al diaconato” don Erio è partito dal battesimo. Il Signore abbraccia attraverso i sacramenti tutti i momenti della vita e la prende nelle sue scelte fondamentali. Prima di fare distinzioni su ciò che caratterizza le scelte fondamentali bisogna partire da ciò che unisce ed è comune a tutti: il battesimo. Ciò che unisce è molto maggiore di ciò che distingue. La vita cristiana è caratterizzata da quattro verbi: accogliere, donarsi, testimoniare, servire.
All’inizio di tutto c’è il dono di Dio, che va accolto. La vita inizia con una passività, come quando si inizia a vivere per un dono che si riceve. All’accoglienza segue il donarsi, rispondendo con il dono della vita. Se so che il Signore mi abbraccia, tutto quello che vivo deve essere risposta. Il donarsi della vita diventa testimonianza, che si manifesta nel modo in cui viviamo le situazioni quotidiane della vita. All’ultimo posto c’è il servizio ed è solo qui che chiamiamo in modo diverso le varie attività, mettendo un aggettivo che distingue. Matrimonio e Ordine hanno la radice nei primi tre livelli. Il matrimonio si innesta sui sacramenti del cristiano e li specifica nel segno efficace di diventare una sola carne. Passare dall’io al noi è un miracolo e chi è sposato testimonia che ciò è possibile. Quando il diaconato si innesta sul matrimonio, si innesta su una scelta definitiva e dà una specificazione al matrimonio. Il diventare diaconi non può essere una scelta che divide la famiglia. Se si accoglie il dono del diaconato attraverso una scelta condivisa, in virtù dell’ essere una carne sola, tutta la famiglia partecipa al dono e diventa una famiglia diaconale. I ministeri sono stati plasmati dentro le case, quando la Chiesa si radunava nelle case. La connotazione paterna , fraterna, diaconale della Chiesa nasce nelle case. E’ la famiglia che ha plasmato la Chiesa e i suoi ministeri. La prima diaconia e carità è quella matrimoniale e familiare, che si attua all’interno della famiglia. Nella casa la donna ha un ruolo particolare per la sua sensibilità, per la sua capacità di relazione e di accoglienza. La gestione del tempo da dedicare alla parrocchia deve essere pensata insieme fra marito e moglie, tenendo conto delle esigenze dei figli e del lavoro.
Nella seconda relazione “Dal diaconato al matrimonio” don Erio ha evidenziato che il diaconato sottolinea la dimensione di servizio della famiglia. Il luogo in cui si impara il servizio è la famiglia. E’ lì che si vede che conta la presenza delle persone, non quello che produce. La logica familiare e aziendale sono diverse. Nella famiglia conta la relazione, la qualità del rapporto, è importante chi è piccolo e malato. Il diaconato mostra che nella Chiesa conta la logica familiare. La famiglia diaconale testimonia questo cuore del servizio e delle relazioni. Gli sposi mostrano che l’amore reciproco, che arriva fino a essere una sola carne, è così grande che si apre alla generazione dei figli: come può il diaconato dare un supplemento a questo? Chi accetta un ministero si mette in una situazione inferiore, si mette all’ultimo posto. Gli sposi accettano di mettersi ai piedi l’uno dell’altro. Si riceve una forza sacramentale in più per servirsi e per dilatare questo servizio ai figli e agli altri. Il diacono sposato (o meglio lo sposo ordinato) dà una testimonianza automatica, quella del sacramento dell’ordine unita alla credibilità di chi vive il sacramento del matrimonio.
Nella terza relazione “Il diaconato in aiuto alle famiglie” don Erio ha parlato del servizio diaconale verso le famiglie. Il diacono non è un supplente del prete, ma agisce verso le marginalità. Non è una spugna che fa quello che gli altri non fanno, ma la sveglia della comunità verso le marginalità di chi per problemi economici, spirituali, per la perdita di valori o di punti di riferimento si ritira dalle realtà sociali. La famiglia diaconale guarda a chi è marginale, sollecitando l’attenzione della comunità. Il diacono esercita un "ministero sveglia" che aiuta ad allargare il concetto di comunità, richiamando che ci sono persone al di fuori della cerchia più stretta e anche queste costituiscono la comunità. A questo punto don Erio ha fatto alcuni esempi di come la famiglia diaconale può dare il suo contributo in vari settori: accompagnamento di chi si prepara al matrimonio, gruppi sposi, aiuto ai genitori nell’educazione dei figli, famiglie ferite o che vivono situazioni di lutto. Ha sottolineato l’importanza di aiutare a riscoprire il fascino del Vangelo. E’ importante creare percorsi di accompagnamento, con coppie che guidano altre coppie. L’ impegno diaconale, fatto come coppia, ricorda che tutti questi aspetti di formazione e accompagnamento appartengono all’ambito della soglia, là dove si colloca il diacono con la sua sposa.