Ordinaz2005 Pontile duomopg

"...Il diaconato in senso stretto, così, si colloca entro un ampio ventaglio di riferimenti diaconali che hanno per soggetto Cristo, gli apostoli, i discepoli e alcuni collaboratori degli apostoli: si innesta cioè nel servizio svolto da Gesù servo (cf. Mc 10,45) e partecipato alla Chiesa intera. Da qui nasce l' individuazione del suo proprium come "segno sacramentale di Cristo Servo", come ripete spesso il magistero..."

Il vescovo Erio ci ha aiutato a riflettere sulla questione teologica e pastorale del ruolo del diacono permanente da quando è stato reintrodotto nella vita della Chiesa con il Concilio Vaticano II. Uno studio e un approfondimento datati già 2008 di cui il nostro vescovo ha voluto farci dono e ha voluto condividere anche con i nostri interventi nell'incontro di formazione del 15.02.2016.

"...la domanda "a che cosa serve" porta fuori strada, poiché tradisce una logica funzionale dell'efficienza che risulta fuorviante. Se si applicasse infatti il criterio funzionale alla Rivelazione cristiana, in modo tale che la Chiesa mantenesse ad ogni epoca solamente ciò che le risulta in quel momento efficiente e produttivo, essa dovrebbe eliminare buona parte dei sacramenti - e non solo il diaconato - e probabilmente anche parecchie pagine della Scrittura e della Tradizione. La Chiesa vive di una logica diversa, che è quella carismaticasimbolica, secondo la quale uno incarna integralmente ciò che tutti gli altri sono chiamati a vivere nelle diverse condizioni."

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Nel mondo antico la vita di una persona non vedente era molto più dura di oggi, perché ai gravi inconvenienti dovuti alla malattia si aggiungevano quelli derivanti dall’impossibilità di lavorare e gestirsi; e siccome non esisteva nessuna forma di previdenza o di pensione, i ciechi erano condannati a chiedere l’elemosina per vivere. Oltretutto anche in questa pratica erano svantaggiati rispetto agli altri mendicanti, che – potendoci vedere – si accaparravano per primi i passanti. Gli ebrei consideravano inoltre la cecità, come ogni altra malattia, una punizione da parte di Dio. Ricordiamo tutti la domanda che i discepoli rivolgono a Gesù davanti al cieco nato: “chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?” (Gv 9,2).
Bartimeo è quindi un uomo emarginato dalla società civile e religiosa; è un “povero” nel senso pieno della parola. Gli occhi degli altri lo etichettavano come un poveraccio: perché menomato nel fisico, nullatenente e persino conisderato peccatore. Ma ad un certo punto si apre per lui uno spiraglio di luce: passa Gesù, di cui aveva sicuramente sentito parlare come di un uomo capace di fare i miracoli, e comincia a gridare per farsi sentire.

Accingendomi a stendere il mio testamento, che vorrebbe essere "essenziale", parto dal Salmo 84: "Beato chi trova in Te la sua forza e decide nel suo cuore il santo viaggio" (Sal 84,6).
Grazie al dono della fede ho percorso il cammino della vita come un viaggio "santo" diretto verso una meta certa, che ha sostenuto la speranza.
Ora, giunto al termine di questo viaggio, giunto davanti alla Maestà Divina, alla Gloria della Trinità, parafrasando le parole di S. Agostino, prego: "Davanti a Te, o Signore, è la mia debolezza, la mia fragilità, il mio peccato ; davanti a Te è la mia forza, quello che per tua grazia mi hai dato di realizzare di bene. Questo prendilo, quello perdonalo".

SANTA MESSA PER L’INIZIO DEL MINISTERO PETRINO DEL VESCOVO DI ROMA
Omelia del SANTO PADRE FRANCESCO
Piazza San Pietro 19 marzo 2013 Solennità di San Giuseppe

Cari fratelli e sorelle!
Ringrazio il Signore di poter celebrare questa Santa Messa di inizio del ministero petrino nella solennità di San Giuseppe, sposo della Vergine Maria e patrono della Chiesa universale: è una coincidenza molto ricca di significato, ed è anche l’onomastico del mio venerato Predecessore: gli siamo vicini con la preghiera, piena di affetto e di riconoscenza.

Nella Santa Messa il collegamento tra diaconato ed eucaristia si manifesta in particolare in quattro momenti:
1) nella proclamazione del Vangelo, che viene consegnato al diacono durante l’ordinazione per il servizio della Parola;
2) nel proporre ai fedeli le intenzioni della preghiera universale, facendo in modo che sia l’assemblea ad esprimersi e non sostituendosi ad essa;
3) nel ricevere l’offerta dell’assemblea che il diacono presenta al presidente come “interprete delle necessità e dei desideri delle comunità cristiane”;
4) nella distribuzione ai fedeli del corpo e sangue eucaristici.